Carlo Finelli
(Carrara 1785 - Roma 1853)
Figlio
di Vitale e Maria Antonietta Silici, nasce a Carrara il
25 aprile 1785. Viene avviato alla scultura dal padre discendente
da una famiglia di scalpellini e scultori attivi dal secolo
XVII. A 15 anni dopo aver vinto il premio per i giovani
artisti si trasferisce a Firenze e poi a Milano. Nel 1805
vince il pensionato per Roma indetto dall’Accademia
di Brera a Milano. Dal 1807 si stabilisce a Roma
dal fratello Pietro che lo introduce nell’ambiente
canoviano. Nel 1810 vince il Premio Balestra
dell’Accademia di San Luca per la scultura con Venere
che abbraccia Adone rianimato da Proserpina, opera che ottiene
grande successo di pubblico e di critica. Forse anche per
questo viene scelto dall’architetto Stern
per la decorazione di uno dei saloni del Quirinale
per celebrare storicamente l’imperatore Napoleone
in occasione del previsto, ma non avvenuto, suo arrivo a
Roma. Il fregio a bassorilievo raffigura il Trionfo
di Traiano, ed è pendant con il Trionfo
di Alessandro Magno di Thorvaldsen. Nel 1814 diventa Accademico
di San Luca, e tra il 1914-15 su suggerimento di
Canova realizza i busti di Ghiberti, Masaccio, Ariosto e
Petrarca, i personaggi illustri del Pantheon.
Per soddisfare le esigenze
di un ricco collezionismo internazionale, soprattutto inglese
e russo, inizia in questo periodo una produzione di opere
di soggetto mitologico: risalgono al 1818 –
24 tre sculture di grande successo Venere nascente da una
conchiglia, Psiche e Le ore danzanti, quest’ultima
opera, eseguita per il conte russo Demidov,
ispirata alle Tre grazie di Canova, ma con maggiore dinamismo.
Tra il 1825 – 30
per il duca del Devonshire esegue le sculture Venere che
raccoglie le vesti, Amore con farfalla e Pastorella con
i fiori.
A partire dagli anni Trenta
si allontana dai moduli canoviani, abbandona i soggetti
mitologici legati al neoclassicismo e affronta i temi
religiosi. Nel 1830 porta a termine i modelli di
alcuni bassorilievi con le Storie della Vergine, poi eseguiti
da altri scultori. È del 1836 il gruppo colossale
con San Michele Arcangelo che scaccia Lucifero,
che suscita l’ammirazione dei suoi contemporanei,
una statua oggi collocata sulla scalinata che conduce alle
tombe dei Savoia a Superga; nello stesso anno porta a termine
il San Matteo, anch’esso di grandi
proporzioni, che oggi si trova nella chiesa di San Francesco
di Paola a Napoli. Nel 1842 esegue il San Maurizio per la
chiesa omonima di Porto Maurizio (Imperia) e, tra il 1847-48,
la statua di Raffaello per il Duomo di Urbino.
Insoddisfatto del suo operato
nonostante i numerosi riconoscimenti ufficiali, e il successo
di pubblico, nell’ultimo periodo della sua vita distrugge
tutte le forme in gesso ancora conservate nel suo
studio romano, dove muore il 6 settembre del 1853.
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