THAYAHT
E RAM
DAL FUTURISMO AL NOVECENTO
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La tuta
è un indumento che connota diverse categorie professionali
e molte fantasie dell’uomo del ’900. Pensateci bene: riuscireste
ad immaginare un meccanico senza tuta da lavoro o un astronauta
privo di una tecnologica tuta spaziale? E se siete stati
bambini tra gli anni ’50 ed i ’70, come pensavate che ci
si sarebbe vestiti nel 2000? In tuta naturalmente! Il XX
secolo ha così profondamente assimilato l’uso e l’immagine
di questo capo d’abbigliamento da dimenticarne la storia,
la data di nascita e, soprattutto, il nome del suo estroso
creatore.
L’inventore della tuta
era un artista, si chiamava Ernesto Michahelles, ma per
firmare le sue opere preferiva usare lo pseudonimo bifronte
THAYAHT. A Thayaht e a suo fratello Ruggero Alfredo, in
arte RAM, l’antiquaria romana Francesca Antonacci ed il
collega fiorentino Damiano Lapiccirella dedicano una mostra
che si inaugurerà lunedi 5 aprile. In esposizione una collezione
di inediti disegni firmati dai Michahelles tra il 1914 ed
il 1951.
L’occasione costituisce
un ulteriore passo avanti nel lento e a tutt’oggi incompiuto
processo di riscoperta di due artisti non secondari nel
panorama dell’arte italiana del ’900. In particolare, se
di Thayaht si è ricominciato a parlare almeno da venticinque
anni ed il Mart di Rovereto progetta per il 2005 la mostra
che consacrerà l’artista presso il grande pubblico, il lavoro
di Ram è ancora sconosciuto ai più, anche a causa della
penosa dispersione e distruzione di gran parte delle sue
opere durante l’ultimo conflitto mondiale.
Ernesto-Thayaht e Ruggero-Ram
nascono a Firenze nell’ultimo decennio dell’Ottocento. Sono
i nipoti di Hiram Powers, uno dei padri della moderna scultura
americana e membro autorevole di quella piccola colonia
internazionale, esclusiva ed elitaria, che si era andata
progressivamente radicando nel capoluogo toscano. Giovanissimi,
si impongono all’attenzione della critica per un originale
eclettismo di sapore cosmopolita.
Tra i due fratelli, RAM
(1898-1976) è quello che maggiormente si concentra sulla
pittura, un campo che esplora con inesauribile curiosità,
sperimentando tecniche e stili diversi ed arrivando ad invadere
con autorevolezza numerosi settori limitrofi: è illustratore,
scenografo, caricaturista di successo, grafico pubblicitario,
disegnatore di tessuti e progettista di oggetti ed arredi.
La sua carriera di pittore si snoda attraverso un percorso,
in parte ricostruito dai disegni in mostra, che lo vede
esordire in area “novecentista”, passare attraverso la temperie
del Secondo Futurismo ed approdare, all’inizio degli anni
’30, ad una svolta “neometafisica”.
Ancora più poliedrici gli
interessi di THAYAHT (1893-1959), vero emblema dello spirito
futurista, artista indefinibile per aver esercitato la sua
non comune creatività nelle aree più disparate: dalla pittura
alla scultura, dalla moda al teatro, dalle arti decorative
allo studio, finalizzato all’applicazione in campo artistico,
delle più moderne teorie scientifiche. Appena venticinquenne
avvia una fruttuosa collaborazione con Madeleine Vionnet,
la Mary Quant degli Anni Ruggenti. Per la sarta parigina
Thayaht elabora arditi modelli déco sfruttando i principi
della geometria dinamica e della colorazione scientifica,
discipline che nel frattempo era andato a studiare a New
York. L’episodio dell’invenzione della tuta, brevettata
nel 1920, si traduce in un successo al di sopra delle aspettative.
Progettato per le masse afflitte dal problema del caro-vestiario,
l’abito tutto d’un pezzo a forma di T, che si può realizzare
in casa con poca spesa, viene, sulle prime, adottato dalla
Firenze snob. Le cronache mondane dell’epoca registrano
un ricevimento a Palazzo Rucellai in cui la tuta pare sia
di rigore e “tutisti” di provata fede si dichiarano il critico
Ugo Ojetti, lo scultore Libero Andreotti ed il pittore Aldo
Carpi. Il suo interesse per l’abito si estende alla moda
maschile della quale auspica un totale rinnovamento. Si
cimenta anche nel campo dell’oreficeria, mettendo a punto
la taiattite, una lega d’argento e alluminio con cui realizza
monili di foggia primitiva ed africaneggiante, di gusto
ancora attualissimo. L’apparente stravaganza dei suoi modi
e del suo fare artistico nasconde in realtà scelte che il
tempo rivela sempre profondamente innovative. Ciò è particolarmente
evidente nell’intensa attività di progettista di arredi
chiaramente destinati alla larga diffusione garantita dalla
produzione industriale, ancorché di qualità: fatto inusuale
per l’epoca, Thayaht ragiona già come un moderno industrial
designer. La predilezione tutta futurista per il dinamismo
lo porta a concepire sculture e disegni sintetici, finalizzati
a rappresentare il movimento dei solidi con l’ausilio dei
principi della traiettiva, una teoria che è l’evoluzione
della rinascimentale scienza prospettica. Nel dopoguerra
si allontana progressivamente dall’arte. Non verrà però
mai meno la vocazione per la conoscenza: gli ultimi anni
della sua vita saranno dedicati allo studio dell’astronomia,
una passione coltivata, da par suo, in un osservatorio da
lui inventato.
THAYAHT E RAM
DAL FUTURISMO AL NOVECENTO
5 aprile - 15 maggio 2004
orario di visita dal lunedì al sabato ore 10.00-13.00 /
16.00-19.00
Mostra e catalogo a cura di Francesca Antonacci
e Damiano Lapiccirella
Presentazione in catalogo di Claudio Strinati
Schede di Carla Cerutti
Presentazione
della mostra
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