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Vincenzo Camuccini
(Roma, 22 febbraio 1771 - 2 settembre 1844)

Morte di Porzia
matita e lumi di biacca, cm. 46 x 67

Su questo tema Camuccini esegue tra il 1816 – 20 un disegno, su commissione del Conte Apponiy, nel 1824 un bozzetto e, in seguito, anche, un dipinto (Roma, 1978, p. 67). Della Morte di Porzia si conoscono altri due disegni conservati rispettivamente negli album VI e XXVIII e un rapido schizzo contenuto in un piccolo taccuino.
In questo disegno, condotto a matita con un sottile tracciato lineare, a tratti rafforzato da leggeri tocchi di biacca per conferire maggiore volume alle figure, è compiutamente identificato ciascun personaggio della storia, nonché ricostruito l’ambiente fin nei minimi particolari. Continuando nel solco della prassi adottata sin dalla prima stesura della Morte di Cesare, il pittore ricostruisce filologicamente gli arredi e gli abiti, mentre pone in alto, nelle nicchie, tre statue romane. A tal proposito Falconieri ricorda come il giovane artista era assistito in questo dall’archeologo Ennio Quirino Visconti “…..che le difficoltà gli spianava, riguardanti la forma degli edifizi ove i fatti erano avvenuti; non che la foggia di vestire di cui, per migliore intelligenza, tutto gli scrivea...” ( Falconieri,1875, p. 40)
L’episodio è tratto dal Libro III di Valerio Massimo, che lo menziona tra gli esempi di Intrepidezza: si riferisce al momento in cui Bruto, richiamato dalle grida, entra nella stanza in cui giace sua moglie Porzia, che si era ferita volontariamente con un rasoio, avendo scoperto che egli tramava l’assassinio di Giulio Cesare.


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