Carlo Finelli
(Carrara 1785 - Roma 1853)
Le Tre Grazie
marmo di Carrara
cm. 158 x 119 x 67
Dopo
una prima versione, distrutta dall’ autore, un
secondo modello delle Grazie fu eliminato nel 1833.
Finelli dunque decise di scolpire l’opera direttamente
nel marmo, “alla prima” cioè,
senza l’ausilio di un modello in gesso di riferimento,
secondo una prassi eccezionale per i tempi e che per
l’ardire, non ammettendo errori o pentimenti,
immediatamente evocava la tecnica michelangiolesca.
Finelli tuttavia non terminò mai l’opera,
che tenne sempre celata ai visitatori dello studio e
conobbe solo una fortuna postuma.
Il non finito
delle Tre Grazie costituisce un caso unico nella scultura
del tempo. Oltre alle estremità, mani e piedi,
in parte solo sbozzati, l’intera superficie delle
tre figure attendeva un ulteriore processo di rifinitura.
Puo essere che sia la vicenda dell’esecuzione,
che l’assenza di un modello di riferimento, consigliarono
a eredi e allievi dello studio di non ultimare l’opera
come invece avveniva comunemente in questi casi.
Svelte forme giovanili
erano state riunite in composizione guardando alle pose
di celebri statue classiche, richiamate
soprattutto dalle figure laterali. Quella di destra
rispetto all’ osservatore riprende in contro parte
la posa dell’Apollo con la cetra
(Roma, Musei Capitolini). Dalla parte opposta è
esemplata la posa del prototipo prassitelico del Fauno
in riposo compreso il braccio appoggiato sul fianco.
La leggiadria delle movenze e la delicatezza delle estremità
superiori evocano Canova.
“E nell’osservarle una
coronata di fiori l’altra di spiche la terza di
pampini ti persuadi che le grazie sono esse della natura,
le quali allietano del lor riso l’uomo e la terra;
che guidano sovressa bella di fiori la primavera, di
messe la state, di uve l’autunno.” (Checchetelli
1854, p. 29). |